È il 1917. Per l’Italia è il terzo anno di guerra. Sul fronte dell’Isonzo il copione è sempre il medesimo: sparano le artiglierie, attaccano i fanti. Alla fine, più che i progressi, si contano i morti e i feriti. Il Generale Cadorna, decisionista e autoritario, non risparmia nessuno. Non i suoi subordinati, non i politici e la politica, non i soldati. In un trionfo della burocrazia applicata alle armi, inonda i comandi di circolari e di promemoria. Ha le proprie idee, le proprie convinzioni, le proprie certezze. Dubbi pochi. Per uscire dallo stallo, insiste sugli attacchi frontali, sanguinosi, dispendiosi, poco efficaci, mentre il nemico prepara la controffensiva.
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